Visualizzazione post con etichetta gluten-free. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta gluten-free. Mostra tutti i post

lunedì 24 febbraio 2014

Meatless Monday: Sosatie di Tempeh



Già che sono in ritardo di una settimana nel mantenervi la mia promessa, si fa di necessità virtù! Riciclo di nuovo una ricetta che ho incluso nella scorsa edizione di Bontât! Magari qualcuno di voi non l'ha ancora letta! :D Prometto che la prossima volta metterò una cosa fresca appena spadellata! ;)

Mentre qui siamo al gelo, quelli che abitano nell'emisfero sud stanno beatamente godendo il sole d'estate, magari facendo la grigliata in riva al mare! Prima o poi toccherà anche a noi, dai! Uno di questi paesi benedetti di un clima mite è il Sud Africa, dove il barbeque - il braai in Afrikaans - è una pratica molto diffusa. Una delle cose preferite dai Sudafricani da mettere sul braai sono i sosatie; degli spiedini al curry di carne di pecora o di agnello. In questa versione vegetariana ho usato il tempeh, conosciuto a volte come carne di soia. Per accompagnare il barbecue spesso si serve la mieliepap, una pappa di mais bianca che ricorda molto la polenta bianca nostrana.
Il nome Sosatie viene dalle parole indonesiane saus (salsa) e sate (spiedini). Si sospetta che sia stato, appunto, ispirato dagli spiedini di pollo che gli schiavi Giavanesi cucinavano. Gli Indonesiani, e successivamente altri lavoratori da altre parti del Sud Est Asiatico, sono stati portati dagli Olandesi in Sud Africa attraverso Cape Town nel 1600. Oggi giorno, i loro discendenti formano un grande gruppo etnico conosciuto con il nome Cape Malay, con riferimento alla lingua del ramo Malese che parlavano.

per 18 spiedini (6 porzioni)

500 gr tempeh al naturale*
36 albicocche secche
54 foglie di alloro
1 peperoncino rosso, privato dai semi e tritato (facoltativo)
1 cipolla, mezza tritata, mezza tagliata a spicchi
1 spicchio d'aglio, tritato
3 cm (30 gr) zenzero fresco, sbucciato e grattugiato
2 cucchiaini curry Madras
1 cucchiaino semi di coriandolo in polvere
1 cucchiaino curcuma in polvere
3 chiodi di garofano
100 gr marmellata di albicocche
Pepe nero, macinato fresco
Sale
Succo di 1/2 limone
125 gr yoghurt al naturale
Olio di arachidi

Fate rinvenire le albicocche in acqua calda per circa 30-60 minuti. Nel frattempo, tagliate il tempeh in grossi cubi di 3 cm circa e preparate la marinatura.
Stufate la cipolla, l'aglio e lo zenzero sulla fiamma dolce fino a quando saranno trasparenti. Unite il curry, il coriandolo, la curcuma, il pepe e i chiodi di garofano. Soffriggete per un paio di minuti fino a quando sentite il profumo.
Unite la marmellata e il succo di limone. Aggiustate di sale e cuocete per 1 minuto circa, solo fino a quando la marmellata sarà sciolta. Lasciate a raffreddare. Incorporate lo yoghurt alla salsa per ottenere una marinatura spalmabile.
Irrorate il tempeh, le albicocche e le cipolle a spicchi con il condimento. Lasciate a marinare per una notte, o almeno un paio di ore, in frigorifero in un contenitore ermetico. Questo tempo di riposo serve a far penetrare le spezie anche all'interno del tempeh e per dare il tempo allo yoghurt, soprattutto se usate la carne, di renderla più tenera.
Infilzate tre cubi di tempeh su ogni spiedino alternandoli con le foglie di alloro, la cipolla e le albicocche. Cuocete sulla griglia o su una bistecchiera con una fiamma dolce, girandoli di tanto in tanto, fino alla doratura. Servite accompagnati con il chutney di albicocche.

Blatjang (Chutney di albicocche)

50 gr albicocche secche
100 ml acqua calda
1 scalogno, tritato
1 peperoncino Calabrese/ Tailandese rosso
25 gr zucchero di canna
3 cucchiai aceto di vino bianco
3 chiodi di garofano
Sale

Togliete i semi dal peperoncino e tagliatelo a dadini minuscoli.
Fate rinvenire le albicocche nei 100 ml di acqua calda per circa 30 minuti. Tagliatele a pezzi piccoli e frullate assieme al liquido di ammollo fino ad ottenere una purea.
Versate in un pentolino assieme al resto degli ingredienti. Cuocete a fiamma dolce per 20-30 minuti, mescolando di tanto in tanto, fino ad avere una consistenza "marmellatosa".
Potete consumare il chutney subito o conservarlo in un barattolo sterilizzato. Riponete in frigorifero una volta aperto.

*Tempeh è un panetto di semi di soia sbucciati, precotti e fermentati di origine Indonesiana. Con l'aumento del numero delle persone che seguono la dieta vegetariana e vegana, ultimamente il tempeh si sta diffondendo sempre di più anche in Europa e si trova facilmente nel banco frigo dei negozi di alimenti biologici.
Essendo un alimento fermentato, tempeh è più facile da digerire rispetto ai semi di soia semplicemente cotti. Si presenta in forma di panetto compatto con l'erborinatura bianca tra i cicchi. Ha la stessa versatilità del parente tofu; assorbe divinamente i condimenti che gli diamo ma, in confronto, non si sfalda facilmente. Lo potete tagliare a fette o a cubi e, successivamente friggerlo, grigliarlo, cuocerlo al vapore o usarlo al posto della carne negli stufati e nei curry.

venerdì 31 gennaio 2014

Uova sode al tè



Per noi Cinesi (dico noi perché lo sono per metà ;)), il cibo è celebrazione e preghiera. Mangiamo per festeggiare una riccorrenza importante e mangiamo per esprimere un desiderio al cielo. Bene, no??? :D Ciò che cuciniamo e consumiamo solitamente simbolizza una cosa specifica, può essere per via del suo colore, della sua forma o del suo nome che magari ricorda un'altra parola con un significato positivo (o negativo). Beh, oggi è il primo giorno dell'anno per il calendario lunare Cinese, quindi di desideri e speranze ce ne sono tanti! Se c'è una cosa che non manca mai sulla tavola di una famiglia Cinese durante una festa sono i tagliolini: la loro forma simbolizza una lunga vita, un augurio che va bene in qualsiasi situazione! Un altro alimento importante è l'uovo, considerato come simbolo di vita, di rinascita e di fertilità; è cosa buona, quindi, mangiarlo anche all'inizio dell'anno. Queste uova al tè in particolare si mangiano tradizionalmente proprio durante le celebrazioni del Capodanno Cinese, cioè oggi. Visto che non ve l'ho ancora detto un mese fa per l'anno nuovo gregoriano, ve lo dico ora, Gong Xi Fa Cai, Felice Anno Nuovo!!!

6 uova
1 l acqua
3 cucchiai tè nero Cinese (ho usato quello affumicato Lapsang Souchong)
60 ml salsa di soia
1 cucchiaio zucchero di canna
Buccia di mezza arancia
10 cm (10 gr) cannella in stecca
3 cm (30 gr) zenzero fresco, a fettine

Lavate le uova attentamente sotto l'acqua corrente. Ponetele adagio in un pentolino di acqua per evitare che si rompano e bollitele su una fiamma dolce per non far "ballare" troppo le uova. Spegnetela dopo 7 minuti dal bollore e togliete le uova dall'acqua.
Se non volete ustionarvi, aspettate un paio di minuti prima di creare delle crepe sul guscio colpendolo con il dorso di un coltello. Più crepe fate, migliore sarà il risultato, sia dal punto di vista estetico e sia di gusto, perché permetteranno al condimento di entrare.
In un altro pentolino, bollite 1 litro di acqua con il tè, la salsa di soia e le spezie. Aspettate circa 5 minuti dal bollore e inserite le uova. Assicuratevi che siano completamente immerse.
Spegnete la fiamma e lasciate a marinare nel "brodo" saporito per almeno 5-6 ore ma sarebbe meglio lasciarle per una notte intera. In questo modo, il colore e il sapore saranno più intensi.
A dire la verità, tradizionalmente, le nonne lasciavano queste uova a bollire per anche per 30-45 minuti! Ciò crea un effetto marmorizzato più bello ma, a mio avviso, diventano troppo dure! Valutate voi cosa fare! ;)

Si consumano così come sono, a temperatura ambiente, come uno spuntino fuori pasto o per accompagnare il riso e il congee, ovvero, la crema di riso che spesso mangiamo a colazione.

lunedì 23 dicembre 2013

Ensalada de Nochebuena



Già dal nome si percepisce che si tratta di un piatto Natalizio. Ensalada de Nochebuena è un'insalata di frutta e verdura del Messico che si prepara per la Vigilia di Natale. Ideale per dare un tocco di freschezza ai piatti ricchi e speziati che spesso si trovano sulla tavola. Ci sono diverse versioni di questa festosa insalata, ogni famiglia aggiunge la frutta e la verdura che preferisce. Di base, però, dovrebbero esserci le rape rose, la lattuga romana, le arance, il melograno, la mela rossa e la jicama. Quest'ultimo ingrediente è un tubero che si consuma principalmente come frutta. Ha una forma tondeggiante con la buccia color crema che si spella facilmente. La polpa è bianca, succosa e leggermente dolce. La consistenza potrebbe ricordare una pera o una mela croccante. Perciò, non potendola trovare qui, l'ho sostituita con la mela verde per una ragione estetica; l'alternanza del colore rosso e verde della mela fa subito Natale!

Per 6 persone

2 rape rosse, cotte e sbucciate
3-6 ravanelli
1 cespuglio lattuga romana
1 cespuglio insalata gentile
2 arance Navel
1 mela rossa Annurca
1 mela verde Granny Smith
Il succo di 1 limone
1/2 melograno
Un cucchiaio semi di zucca e/o le arachidi tostate
Una manciata foglia di coriandolo fresco

Salsa
125 g panna acida o yoghurt al naturale
Circa 3 cucchiai succo di arance
1 cucchiaino raso zucchero
Sale, a piacere

Tagliate le rape e i ravanelli a fettine sottili. Sbucciate il melograno e ricavate i semi. Tagliate la lattuga romana a quadretti.
Togliete il gambo e sfogliate l'insalata gentile e disponetela a modo di fiore sul fondo del piatto. Sistemate le fettine di rapa rosa sopra l'insalata.
Tagliate a vivo le arance e ricavate gli spicchi senza prendere le membrane bianche, tenendole su una ciotola per raccogliere il succo che fuoriesca che vi servirà per fare il condimento.
Levate i torsoli delle mele e tagliatele a spicchi sottili di 1 cm circa. Bagnatele con il succo di limone per prevenire l'ossidazione.
Sistemate le mele e le arance a modo circolare, o come piace a voi, la lattuga romana e i ravanelli al centro.
Cospargete i cicchi di melograno, i semi di zucca e le foglie di coriandolo in modo omogeneo. Condite con la salsa allo yoghurt all'ultimo minuto, giusto prima di servirla.
Per la salsa, mettete tutti gli ingredienti in una ciotola e mescolate. Irrorate sull'insalata.

domenica 15 settembre 2013

Branzino al Karkadè e Olio di Campeglio con Raita di Barbabietola



Perdonate l’ignoranza, ma fino a quando ho avuto questo compito di scrivere un post e dedicare una ricetta al Frantoio di Campeglio per questo progetto “6xFriuliDOC”, non conoscevo l’esistenza. Visto il clima, non immaginavo che ci fosse una produzione di olio extra vergine anche a Udine! Nella nostra regione pensavo ci fosse soltanto l’olio Giuliano, del Carso, il tergeste DOP. Ebbene, mi sbagliavo!
E’ proprio a Campeglio di Faedis, nei Colli Orientali del Friuli, accanto ai ruderi dell’antico castello di Soffumbergo, in una zona protetta dai venti e con un inverno particolarmente mite, si trovano numerosi antichi olivi che hanno dato l’idea a Gianni Zamarian, figlio di Giovanni Zamarian, dell’Azienda Agricola San Rocco, di incrementare la coltivazione e di iniziare, così, la produzione dell’olio dal 1995. Qui, Fabiana Romanutti della rivista Q.B. racconta la storia della famiglia e dell’azienda.

Ora, oltre 5000 alberi stanno dando frutti a un olio extra vergine di oliva di altissima qualità, ottenuto solo dalla prima spremitura, a freddo per sgocciolamento con macine in pietra, riprendendo l’antica tradizione olearia del Friuli. Per questa ragione, si riescono a ottenere solo 5-6 kg di olio per ogni quintale di olive raccolte. Considerando, poi, che ogni bracciante riesce a raccogliere solo 80-100 kg di olive al giorno, si può capire il perché un olio extra vergine fatto a dovere con amore, possa avere un costo così elevato. Così mi racconta Sandra Zamarian, la figlia di Gianni. Un altro segno di qualità è il fatto che l’olio extra vergine di oliva di Campeglio non si filtra ma si lascia a decantare naturalmente.
Tutta questa cura dà risultato a un olio dolce e fragrante, con una bassa acidità e un aroma fruttato. Per apprezzare al meglio le sue proprietà, vi consiglio di usarlo a crudo, sulla bruschetta o sui carpacci di carne o, meglio ancora, di pesce. Sarebbe davvero un peccato usare questo olio per cucinare!

C’è, però, un accorgimento molto importante che dovete fare quando preparate delle pietanze che coinvolgono i pesci crudi. Innanzitutto, acquistate i branzini da un vostro pescivendolo di fiducia, poiché il pesce da mangiare crudo dovrebbe essere molto fresco per evitare dei rischi di contaminazione batterica e ridurre la probabilità di trovare gli anisakis. Non vi scrivo qui cosa sono, non vorrei spaventarvi troppo prima di leggere la ricetta! ;) Cliccate il link dopo per saperne i dettagli, ok? :)
Le larve di anisakis “dormono”, cioè non continuano il loro sviluppo a 0°C e muoiono dopo aver subito una temperatura di 60°C per almeno un minuto oppure -20°C per almeno 24 ore, come da regolamento (CE) n. 853/2004, o meglio ancora 36 ore a -18°C, come suggerisce il recentissimo Decreto del Ministero della Salute del 17 luglio 2013.
Tanti dicono che non si corre il rischio di anisakis nei pesci di allevamento, si trova soltanto in quelli pescati. A mio avviso, dato che poi nel banco pesce non c’è la separazione tra i due tipi, ci può essere comunque il rischio di contaminazione. Quindi, per un mio eccesso di scrupolo, in ogni caso, io congelo tutti i pesci prima di consumarli crudi. Ok, basta terrore, ora la ricetta! ;)

Per 4 porzioni

Branzino marinato
2 branzini medi (500 gr l'uno) o 1 grande
un cucchiaino (2 gr) di Karkadè in petali o 1 bustina
un cucchiaino (2 gr) di pepe Sichuan
circa 1/2 cucchiaino di sale grosso

Raita di Barbabietola
200 gr barbabietola, cotta al vapore 
1 vaschettina (125 gr) di yogurt bianco
Olio extra vergine di oliva di Campeglio
Sale, q.b.

Preparate l’infuso di karkadè con una tazza di acqua fredda, possibilmente imbottigliata o depurata, e lasciatela per una notte in frigorifero o per circa 8 ore a temperatura ambiente.
Se vi siete dimenticati di prepararla la notte prima, potete usare l’acqua calda che accelera il processo dell’infusione, avendo cura di togliere i petali dopo 2-3 minuti, per evitare che la tisana sia troppo acidula e tannica.

Sfilettate i branzini, privateli dalla pelle e dalle lische centrali. Una pinzetta specifica per fare questo lavoro potrebbe essere molto utile.
Se non siete sicuri di poter farcela, chiedete al vostro pescivendolo di farlo per voi. In linea di massima, se siete dei clienti fedeli e non avete mai rotto le scatole più di tanto :), ve lo dovrebbe fare senza problemi.  Altrimenti, guardate questo video prima di massacrare quei poveri pescetti. 

Dopo aver ricavato dei bei filetti di branzino, tagliateli a fettine sottilissime, più sottile che potete, con la lama del coltello tenuta a 90°, perpendicolarmente alla spina centrale. Non mi sono spiegata? Allora guardate questo video. Tagliate il branzino così, ma molto più sottile, circa 3 mm, se riuscite. 

Pulite il pepe Sichuan dai semini neri che potete trovare all'interno delle bacche, almeno che non l'abbiate comperato di altissima qualità, allora potrebbe essere che sia già priva di semini.
Tostatelo con il sale grosso a secco a fiamma dolce. Quando sentite il profumo e le bacche iniziano a imbrunire e a schioppettare un po', trasferite nel mortaio e riducete in polvere per ottenere il sale al pepe Sichuan.

Prendete un contenitore ermetico, magari non di acciaio, adagiate i vostri “petali” di pesce delicatamente. Coprite con 2/3 dell’infusione di karkadè, condite con un pizzico di sale al pepe Sichuan e un giro di olio di Campeglio. Coprite e lasciate a marinare in frigorifero almeno 30 minuti e non più di 2 ore.
Nel frattempo, preparate la raita. Tagliate la barbabietola a dadini piccoli di 3x3mm circa. Trasferite in una ciotola e unite lo yogurt, il sale e l’olio di Campeglio, quindi, mescolate.

Disponete le vostre fettine di branzino su dei piatti piani in modo che preferite, a petali o a soldatini. Irrorate con 1/3 dell’infusione di karkadè rimasto e di un altro giro di olio.
Adagiate circa un cucchiaino di raita su ogni fettine di pesce e, infine, una spolverata di sale di pepe Sichuan. Guarnite con qualche bacche intere di pepe e dei fiocchi di sale per dare un podi croccantezza.

Perfetto con il pesce e la dolcezza della barbabietola, Giulia ci suggerisce la Malvasia del Carso come giusto abbinamento. E' un vino profondo e succoso, di finissima aromaticità e grande suadenza. Dal colore giallo dorato al naso di presenta fruttato, speziato e minerale con note di erbe aromatiche, miele e orzo. Il gusto è fresco, sapido e persistente.
Quasi Dimenticavo; dopo il Friuli DOC, potete acquistare l'olio extra vergine di Campeglio direttamente al frantoio, al ristorante Alla Vedova Udine di proprietà della famiglia e in alcuni negozio specializzati; La Boutique della Frutta a Paderno (Udine), Garlatti a San Daniele e Il Cjanton a Gemona. Inoltre, è possibile visitare l'azienda il sabato dalle 16 alle 19 o durante la settimana previo appuntamento, chiamando allo 0432 470291

giovedì 12 settembre 2013

Crema di Patate al Timo con Canestrelli e San Daniele


Il mio primo pasto in Italia, 12 anni fa, fu il prosciutto di San Daniele, accompagnato da melone, pane e grissini. Fu una sera a fine marzo e la temperatura segnalò circa 15°C. Ecco quanto ci teneva la mia suocera a farmi conoscere questo ben di Dio, l’orgoglio di tutti i Sandanielesi e sospetto anche di tutti i friulani. Il Comune, giustamente, lo celebra con un evento annuale; Aria di Festa.
Ho vissuto per 4 anni nella graziosa cittadina e tuttora, per ragioni famigliari, continuo a frequentarla. Ci tengo così tanto a non sbagliare e non dire cavolate che ho le mani congelate mentre sto scrivendo questo post! :D Ci vorrebbero dei giorni per raccontare la storia di questo pregiato prosciutto, e non sono certo né la persona adatta né la più esperta per farla. Posso presentarvi mia suocera e mio cognato se volete! Sono loro che hanno lavorato per anni in un prosciuttificio! :p

Il microclima sembra sia spesso la ragione del perché un prodotto specifico venga meglio in una determinata zona. Questo è anche il caso del prosciutto di San Daniele, DOP, mi raccomando. La sua posizione geografica, a metà tra le Alpi e il mare Adriatico, e in prossimità del fiume Tagliamento, ha come risultato una ventilazione permanente della zona che assicura un ambiente né troppo umido né eccessivamente secco, ideali per la stagionatura dei prosciutti. Certo, non basta avere una posizione geografica avvantaggiata per avere dei buoni prodotti, ci vorrebbero vigore e rigore per mantenere la qualità degna della sua fama internazionale. Qui entra in gioco il Consorzio.
Il Consorzio fu costituito nel 1961 con lo scopo di tutelare il nome Prosciutto di San Daniele e di stabilire delle regole e delle norme che fossero obbligatorie e uguali per tutti i produttori. Per sapere di più su chi sono i suoi membri e sui suoi impegni da oltre 50 anni, vi rimando al sito, tra l'altro molto completo e ben fatto. Troverete tutto quello che volete sapere sul San Daniele DOP, dal momento dell'allevamento fino a quando arriva finalmente sulla vostra tavola. Per i non amanti della lettura, c'è anche un video.

Prima di arrivare alla ricetta vi do soltanto alcune curiosità sul prosciutto di San Daniele. Innanzitutto, egoisticamente parlando, mi sento un po' meno in colpa quando lo consumo, perché il Consorzio garantisce che i maiali da dove derivano i prosciutti hanno avuto una vita felice. Devono, poi, essere stati allevati in dieci regioni del centro-nord Italia (FVG, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria). In più, sono stati lavorati nel rispetto di un'antica tradizione; ricreando il ritmo naturale delle stagioni, con l'utilizzo del sale marino, senza additivi chimici o conservanti.
Come riconoscerli? Brevissimamente, quando i prosciutti sono interi, devono avere l'inconfondibile forma di chitarra con la zampa attaccata e il marchio del Consorzio "tatuato" sulla pelle. Quando li trovate già preaffettati, devono riportare il marchio sul lato sinistro superiore della confezione. Ci sono anche altri modi più dettagliati, che potete scoprire cliccando qui. Mentre qui, potete scaricare delle nobili interpretazioni dei grandi chef stellati, pensate per il nobile prosciutto.  

Ora, la mia umile ricetta! Anche se, io preferisco consumarlo avvolto su un grissino, magari quello del panificio Orlandi ad Adegliacco o quello di Resiutta! :) 

per 2 porzioni

10 canestrelli o 6 capesante
600 gr di patate di Godia / kennebec
1 scalogno, tritato
circa 6-700 ml brodo vegetale/ acqua
50 gr fettine di prosciutto di San Daniele DOP
2 rametti di timo
sale, q.b.
pepe di Giava/ pepe bianco, q.b.
olio extra vergine di oliva

Preparate 700 ml di brodo vegetale con la stessa procedura che ho scritto nel post precedente. Visto che ne occorre di più, raddoppiate la quantità delle verdure.  
Preriscaldate il forno ventilato a 125°C. Lasciate una fetta di prosciutto a parte e adagiate il resto su una placca da forno, sistemando le fette tra due fogli di carta da forno. Infornate per 20 minuti circa fino a quando il prosciutto risulta croccante.
Potete anche cuocerlo in padella con un goccio di olio, risparmierete tempo ma sarà meno croccante e non avrete delle belle fettine lisce.Nel frattempo, sbucciate le patate e tagliate a tocchetti piccoli, in modo che si cuocia in 15 minuti circa.
Stufate (non soffriggete!) lo scalogno con un filo di olio, aggiungete magari due cucchiai di brodo per evitare che si bruci e si frigga. Altrimenti lascierà un sapore sgradevole di cipolla bruciata alla vostra crema.
Quando lo scalogno sarà trasparente e il profumo sarà dolce e non più pungente, unite le patate. Rosolate per un paio di minuti con un pizzico di sale, quindi, aggiungete il brodo. Coprite e lasciate che la zuppa prenda il bollore prima di inserire il timo. 
Lasciate il timo in infusione per circa 5 minuti e toglietelo. Serve solo a dare un po' di profumo alla zuppa. Se lo lasciate di più inizierà a disperdere le foglie e lascerà un retrogusto amarognolo.
Appena riuscite a sfaldare i tocchetti di patate facilmente con una forchetta, pepate e frullate la vostra zuppa per ottenere una crema liscia. Uso di solito quello a immersione. Aggiustate di sale se occorre e aggiungete un po' di brodo se la crema vi risulta troppo densa.
A questo punto il vostro prosciutto croccante sarà ormai pronto. Lasciate 2 fettine intere per decorazione e triturate il resto con il mini robot o una macina spezie. 

Dando per scontato che abbiate chiesto al vostro pescivendolo di pulire i canestrelli o le capesante, conditeli con il sale, il pepe di Giava e un filo di olio. 
Scaldate una padella (di ghisa o antiaderente) a fiamma media-alta. Rosolate la fetta di prosciutto che avete messo a parte con un filo di olio e un rametto di timo.
Scottate i vostri canestrelli brevemente in questo olio profumato, basterà un minuto per lato, altrimenti perderanno la loro morbidezza. Se usate le capesante, scottatele per 2-3 minuti su ogni lato. Con quello che costano, sarebbe davvero un peccato stracuocerle! ;)
Dividete la crema in due piatti fondi. Impanate i canestrelli con il prosciutto triturato e adagiateli delicatamente sopra la crema. Guarnite con qualche foglia di timo, un giro di pepe, un filo di olio e, infine, la "vela" di prosciutto.
Visto che non dovete fare la foto alla crema, consumatela calda! :)


Stavolta Giulia ci consiglia un Pinot Bianco. Questo vino presenta un color giallo paglierino con riflessi verdognoli e un profumo delicato, con sentori che richiamano frutti del sottobosco e tenui note di rosa canina, a volte mela renetta, a volte frutta esotica che con l'invecchiamento si trasformano in erbe aromatiche, note affumicate e di mandorla amara Il gusto armonico e molto caratteristico, dal sapore morbido e delicato, con ottima freschezza e finale vivace agrumato, perfetto per questo piatto.


venerdì 6 settembre 2013

Tortilla de Patatas (di Godia)


I buongustai della regione sicuramente hanno già sentito parlare di Godia. Anzi, sono certa che questa piccola frazione di Udine è conosciuta anche dai foodies dell'intera nazione se non di tutta Europa. Perché? Perché l'unico ristorante del Friuli Venezia Giulia con due stelle Michelin sta proprio lì, nella piccola piazzetta del paese, proprio di fronte al campanile del Duomo. Immagino abbiate sentito parlare della famiglia Scarello del rinomato ristorante Agli Amici. Su di loro, prima o poi, ritornerò a parlare, di belle cose, ovviamente! :) 

Ora arriviamo alla seconda ragione della fama di Godia; le patate, a cui il paese dedica una sagra, ormai giunta alla sua 37° edizione, in corso proprio in questi giorni. Per chi non è riuscito ad andarci il weekend scorso, consiglio vivamente di farlo nel fine settimana, da oggi pomeriggio (venerdì 6) fino a domenica 8 settembre. Gli gnocchi che ho assaggiato erano buonissimi e meritano i 20 minuti di coda. Non vi preoccupate, vi passeranno velocemente perché sarete occupati a osservare le mani abili delle signore che preparano e impastano gli gnocchi, proprio davanti ai vostri occhi. Se poi ne vorrete un bis, dal 2007 Godia è anche presente alla kermesse Friuli DOC, quest'anno lo stand sarà in Piazza Garibaldi. 

Ciò che rende speciali le patate di Godia sono il microclima e le caratteristiche dei terreni in cui vengono coltivati, un pH leggermente acido e un buon contenuto di ferro, ideali per la coltivazione di questi tuberi. Se volete saperne di più, vi rimando al sito dell'ERSA FVG. A proposito, non è facile trovare queste preziose patate nei supermercati, molte delle aziende agricole locali le vendono in proprio. Questi sono giorni di raccolto e io sono andata a prenderle qui

Le patate di Godia hanno una forma tondeggiante ovale con una buccia liscia di colore bianco giallastro. La varietà coltivata nella zona dagli anni 60 è la Kennebec, d'origine americana, con una polpa bianca e farinosa. Proprio per questo motivo è particolarmente indicata per fare gli gnocchi, le minestre e la purea. Anche se, vista la sua resistenza alla cottura, è abbastanza versatile e si presterebbe a ogni tipo di preparazione.  

Considerando che Giulia ha appena fatto gnocs cun lis sespis, evito di darvi una ricetta di gnocchi. Poi, ho paura di non poter competere con 37 anni di esperienze della Sagra di Godia! ;) Ispirandomi dall'ultima lezione di cucina spagnola che ho seguito durante le vacanze, ho fatto una tortilla de patatas; uno dei piatti più classici della cucina spagnola che si può trovare dal bancone dei bar al mercato fino ai bar de tapas più rinomati. Ho notato che lo chef aveva usato delle patate a pasta bianca. Sono andata a informarmi dall'amico Google :) e ho scoperto che tanti suggeriscono di usare proprio la Kennebec, ergo, la ricettina di oggi! Vi avviso già che non è fatta per le persone che badano alla linea! :D 

Ah, gli ingredienti elencati bastano per una tortilla di 24 cm di diametro o 3 porzioni individuali. La quantità sfamerebbe 3-4 persone, ma se chiedete a me, ne basta solo per due (particolarmente golose)! :p 

800 gr patate di Godia 
250 gr (2 pezzi) di cipolle 
6 uova grandi 
sale, q.b. 
pepe, q.b. 
abbondante olio di oliva, per friggere 

Pa amb tomàquet / Pan tumaca (pane al pomodoro) 
2-4 pezzi di pane tipo ciabbattina/ baguette/ pugliese 
2-4 pezzi di pomodoro ramato molto maturo 
olio extra vergine di oliva 
aglio (facoltativo) 

Sbucciate e tagliate le patate a fettine sottili (3-5 mm circa) e friggitele in un'abbondante olio caldo. Cercate di mantenere la fiamma medio-alta. Se l'idea vi crea orrore, allora rosolatele in una padella antiaderente con poco olio. Il risultato finale sarà meno goloso ma è una scelta vostra. (Capisco se non avete voglia di andare a correre 7 km il giorno dopo per smaltire le calorie! ;)) 
Mi raccomando, se volete cambiare l'olio di frittura, potete farlo solo con olio extra vergine di oliva (ma sarebbe un peccato e uno schiaffo alla povertà. Dopotutto, la tortilla dovrebbe essere un piatto povero!) o l'olio di arachidi. Non vorrei dover dare spiegazioni al vostro cardiologo se usate altro tipo di olio.
Dopo circa 10 minuti, quando le patate iniziano a essere più tenere, unite le cipolle tagliate a strisce sottili quanto le patate. Salate e pepate leggermente e continuate la cottura fino a quando si formeranno delle crosticine dorate, ci vorranno altri 15-20 minuti. 

Nel frattempo, potete iniziare a preparare il pane al pomodoro. L'origine penso derivi dalla necessità di utilizzare il pane raffermo. Bagnando la mollica con la polpa del pomodoro, il pane si ammorbidisce e diventa di nuovo mangiabile. Nulla vi vieta di usare il pane fresco, a patto che la mollica non sia troppo soffice, altrimenti si sfalderebbe. 
Dividete i pomodori in due. Volendo potete anche togliere i semi, ma è un passaggio in più che non faccio. Tagliate il pane a fette e strofinate un lato con l'aglio (se vi piace) e la polpa di pomodoro. Di solito ci vuole una metà per ogni fetta, ma dipende sempre dalla sua succosità. 
Infine, irrorate con abbondante olio extra vergine di oliva. 

Appena le patate e le cipolle sono dorate, scolatele dall'olio con l'aiuto di un colino. Lasciatele a intiepidire un po'. 
A parte, rompete e sbattete le uova in un'ampia ciotola. Condite con un pizzico di sale per ogni uova e del pepe. Unite le patate alle uova e lasciate a riposare per circa 5 minuti per far "abbracciare" meglio i due elementi e far sì che i sapori si amalgamino. 
Scaldate la stessa padella calda in cui avete fritto le patate. Lasciate solo un filo di olio e friggete l’impasto di uova e patate. 
Quando la parte inferiore è dorata e i bordi iniziano a rassodarsi, girate la tortilla, aiutandovi con il coperchio. Spingete i bordi verso l'interno con un mestolo piatto per darla una forma più rotondeggiante. Fate dorare anche l'altro lato, per circa 3-4 minuti. L'ideale sarebbe fino a quando la parte esterna della tortilla è già soda mentre il cuore è ancora cremoso. Le uova non dovrebbero essere cotte del tutto. Se preparate questa tortilla anche per i bimbi, continuate pure la cottura fino alla completa coagulazione delle uova. 
Servite caldo con del Pa amb Tomàquet e magari una cerveza ghiacciata. 

Per i più raffinati, Giulia, la nostra futura enologa di fiducia, suggerisce di accompagnare questo piatto con uno Chardonnay. Questo vino se carico di molteplici aromi sta bene con i piatti a base di uova. Ha un colore giallo carico. Al profumo presenta note di fiori bianchi, pietra focaia e frutti tropicali. In bocca, invece, è elegante, a volte con un retrogusto di mela matura e miele. Si serve a una temperatura di 8-10°C.

venerdì 29 giugno 2012

Frozen Yoghurt alla Frutta


Okay, qui, in Italia, il buon gelato non manca. Solo in zona centro a Udine abbiamo, beati noi, tante gelaterie di buon livello. Per combattere il caldo, però, non posso consumare una vaschetta da 500 da sola, correndo il rischio che tutta quella panna e uova mi vada sui fianchi! Soprattutto perché l'unico sport che pratico, ogni tanto :)), è la pulizia di casa! Per questa ragione, ho sempre preferito il "frozen yoghurt", ovvero lo yogurt congelato, che, a mio parere, è più dissetante e mi fa sentire più in pace con me stessa anche quando lo consumo in quantità industriali. :)

A Jakarta possiamo trovare almeno 2-3 chioschi di frozen yoghurt in ogni centro commerciale (che, per noi, sono l'equivalente del centro città). Funziona come nelle gelaterie, scegliamo la grandezza della coppetta poi il topping desiderato; variano dalla frutta fresca alle noci, al cioccolato fino al muesli e perfino al mais (!) e al mochi, un dolcetto asiatico fatto di riso glutinoso. Ahimè qui, a Udine, ho trovato solo due venditori ed entrambi mi hanno soddisfatto poco. Perciò ho provato a fare il frozen yoghurt da sola. Non è poi così difficile, dobbiamo solo avere un po' di pazienza nel frullare lo yogurt congelato ogni 2 ore per 2-3 volte come per fare la granita o il sorbetto. Se avete una gelatiera questa rottura si può benissimo evitare.

per 500 gr di frozen yoghurt (circa 8-10 palline)

250 gr di yogurt intero

250 gr polpa di frutta della stagione

circa 50 gr di zucchero, dipende dal gusto personale e dalla dolcezza della frutta scelta
qualche goccia di succo di limone/lime

Inserite tutti gli ingredienti nel frullatore e riducete in purea fino a quando la polpa di frutta si amalgama allo yogurt.
Se avete la gelatiera, dovete solo mettere questo composto di yogurt nella macchina e lasciare che lei faccia il suo dovere. Il risultato sarà sicuramente migliore rispetto al metodo casalingo che ho usato.
Altrimenti, mettete in un contenitore e ponete nel congelatore per circa 2 ore. Il mio congelatore arriva a -18°C, quindi, se avete uno meno freddo, impiegherà più tempo.
Frullate con il minipimer per rompere i cristalli di ghiaccio. Se vedete che lo yogurt è troppo duro, aspettate 5-10 minuti per renderlo più morbido prima di frullare.
Riponete di nuovo nel congelatore e ripetete questo procedimento per 2-3 volte.
Prima di servire, tirate fuori il frozen yoghurt dal congelatore per 5-10 minuti e frullate di nuovo per avere una consistenza più vellutata.
Decorate con i pezzi della stessa frutta fresca usata nel frozen yoghurt.

lunedì 7 maggio 2012

Lusun Xierou Tang, ovvero, Zuppa di Asparagi e Granchio



Anche se il mio nonno materno passava le sue giornate leggendo giornali, guardando film e ascoltando canzoni in cinese, ahimè, io non lo parlo. Neanche la mamma. Quindi, spero di aver scritto bene il nome. Ho provato a controllare su google, eh! ;p 

Visto la stagione, ho voluto contribuire al mucchio di ricette che sposa gli asparagi con le uova. Non si può negare, stanno bene assieme. Nei ristoranti cinesi di qualità, questa zuppa si serve di solito come antipasto, anzi, più come un amuse-buche prima della cena vera e propria, giusto per stuzzicare l’appetito e per ingannare l'attesa. Nelle occasioni speciali, come le nozze, questa zuppa viene resa più preziosa usando le pinne essiccate degli squali o i nidi di rondine, formati dalla loro saliva (!), al posto della polpa di granchio. Non mangio nessuna di queste due opzioni di lusso, perché vorrei che gli squali venissero lasciati in pace e perchè l'altra alternativa, sinceramente, mi fa senso! ;p 
Credetemi, è veramente facile e veloce da preparare, soprattutto se usate il granchio confezionato nella latta come faccio io! :D Ovviamente, se riuscite a trovare un granchio intero e avete la pazienza di ricavarne la polpa da soli, la vostra zuppa sarà molto più buona. Ah, mi raccomando, non usate il surimi, per favore!  

per 6 porzioni antipasti o 3 primi

1 l di acqua
1 cucchiaino di olio di sesamo
1 latta (120 gr) di polpa di granchio
1 latta (150 gr) di mais cotti 
300 gr di asparagine verdi
3 cucchiai di maizena
2 uova, sbattute
sale
pepe bianco

Tagliate i gambi degli asparagi a rondelle di 0,5 cm circa, lasciando le punte intere. Nel frattempo, mettete in ebollizione l'acqua.
Appena l'acqua raggiunge il bollore, unite il sale e l'olio di sesamo. Quindi, inserite la polpa di granchio, i mais sgocciolati e i gambi di asparagi. 
Lasciate a cuocere fino a quando l'acqua riprende il bollore. A questo punto aggiungete anche le punte.
Abbassate la fiamma al minimo e amalgamate la maizena sciolta in poca acqua. 
Sbattete bene le uova in una ciotola con un pizzico di sale. Quando la zuppa si sarà addensata, fatele cadere dall'alto a filo. 
Durante questo passaggio, dovete girare la zuppa di continuo con il mestolo facendo una vortice. Ricordate anche di tenere la fiamma sempre bassa. Altrimenti avrete una zuppa di granchio con dei grumi di uova strapazzate.
Infine, aggiustate di sale e aggiungete un abbondante pepe bianco macinato sul momento.
Servite, ovviamente, calda.

mercoledì 18 aprile 2012

Vellutata di Carote allo Zenzero con Quenelle di Tofu


Aaahhh, guarda chi è tornata dopo tre mesi di assenza! :D Scusate, ma il tempo mi è volato via! Gennaio e Marzo sono stati strapieni di impegni, mentre a Febbraio ero tornata a casa! :D Ovviamente, ho passato il mese a mangiare e a chiacchierare più che a cucinare e scrivere! ;p
Avrei tante cose da raccontarvi, una alla volta, con calma :p, le scriverò. Una di queste era l'onore di far parte della rassegna Calendidonna 2012. Il tema di quest'anno era "Cittadine Altrove" e mi è stato chiesto di tenere un laboratorio di cucina che s'intitolava "Integrazione in Cucina". Ormai penso sappiate che questo è un tema che mi sta a cuore. Sono stata strafelice di poterlo trattare. Volevo annunciarlo qui sul blog, ma i posti sono andati subito esauriti con una lunga lista d'attesa! :O Grazie all'associazione Vicino/Lontano della possibilità e a tutti voi che siete venuti ad ascoltarmi alle 10 di una domenica mattina! :)


Per chi non era presente, cliccate qui se volete vedere più foto della giornata e qui sotto troverete una delle ricette che ho fatto, dove ho fatto assaggiare il tofu al pubblico friulano. :D Ah, c'era, però, anche un ragazzo orientale! Questo mi ha fatto piacere. Sono curiosa di sapere chi fosse....
Trovate la stessa ricetta in versione inglese pubblicata su The Jakarta Post, che mi aveva chiesto di scrivere una ricetta fusion. Ho approfittato e ho preso due piccioni con una fava. ;p Si dice così, vero?


Vellutata (per 2-3 persone)
1 scalogno, tagliato finemente o tritato
10 gr di zenzero fresco, pelato e grattugiato
500 gr di carote, pelate e tagliate a rondelle
1 l di acqua o brodo vegetale
3-4 cucchiai di olio extra vergine di oliva
pepe bianco
sale

Scaldate l'olio a fuoco basso e fate stufare lo scalogno e lo zenzero per circa 2 minuti.
Unite le carote e cuocete per altri 2 minuti prima di aggiungere l'acqua o il brodo.
Coprite la pentola, aumentate la fiamma e lasciate a sobbollire per circa 20-30 minuti, in base alla grandezza delle vostre rondelle di carote.
Trascorso questo tempo, le carote dovrebbero essere tenere e facilmente frantumabili con il mestolo.
Frullate con un frullatore a immersione fino ad ottenere una crema.
Passate al setaccio a maglia fine per rendere la zuppa ancora più vellutata e per togliere le eventuali fibre di zenzero.
Servite caldo con le quenelle di tofu, i dadini di carote, qualche foglia di prezzemolo riccio e l'olio extra vergine di oliva.

Quenelle di tofu
180 gr di tofu al naturale
1 uovo
prezzemolo tritato
pepe bianco
sale
olio di arachidi per friggere

Sbriciolate il tofu con le mani o una forchetta. Unite l'uovo e il prezzemolo, quindi condite con il sale e il pepe a piacere.
Prendete due cucchiai e inumiditeli con dell'acqua. Formate delle quenelle e friggetele in un abbondante olio caldo fino alla doratura. Scolate e ponetele sulla carta da cucina per assorbire l'olio in eccesso.

Guarnizioni
1 carota, tagliata a cubetti di 3 mm
prezzemolo riccio
olio extra vergine di oliva

Versate circa 2 mestoli di zuppa per ogni piatto fondo e adagiate delicatamente le quenelle di tofu al centro.
Distribuite le carote crude e le foglie di prezzemolo riccio attorno. Finite con delle gocce di olio.